La storia del venerando Don Giuseppe Villa è tutta legata al santuario della Madonna del Pilastro. Resse il santuario per 60 anni in cui dovette sostenere non poche prove. Ostacolato nell'intento di ottenere l'erezione del santuario a Parrocchia, confidò sempre con fede e tenacia nella potente intercessione della Madre di Dio, alla Quale ai affidava con l'ingenuità del bambino che è sicuro solo quando é tra le braccia della sua mamma. La Madonna ha raggiunto i suoi traguardi. Don Giuseppe Villa nacque a Parigi da genitori emigrati in Francia per ragione di lavoro il 2 giugno del 1876. Rientrò in Italia con i genitori appena prima di iniziare le scuole elementari. È oriundo di Groppallo, nell'alta Valnure. Montanaro tenace e deciso, non si fermava dinnanzi alle difficoltà, abituato a scalarle come le rocce della sua terra. Iniziò gli studi ecclesiastici e li perfezionò nel Seminario Vescovile Urbano di Via Scalabrini. Fù ordinato sacerdote dal Vescovo di Guastalla Mons. Andrea Sarti (essendo vacante la Diocesi per la morte del Servo di Dio Mons. Gianbattista Scalabrini) il 9 luglio 1905, domenica IV dopo Pentecoste. Aveva ricevuto il Diaconato da Mons. Scalabrini il 17 dicembre, Sabato delle Tempora, 1904. Appena ordinato sacerdote fu inviato come Curato nella Parrocchia di Gragnano (1906). Vi rimase per due anni. Era allora Cappellano del Pilastro DON ANTONIO PARMIGIANI, oriundo di Tarsogno, presso Bedonia. Promosso Don Parmigiani alla parrocchia di Bilegno, Don Villa chiese la Cappella del Pilastro e gli fù concessa. Prese possesso del nuovo campo di missione nel 1908 e vi rimase sino alla morte avvenuta il 15 luglio dell'anno 1968, alle soglie dei novant' anni. Vi rimase quindi per 60 anni prodigandosi per la popolazione locale che strinse in un grande slancio di pietà verso la Beata Vergine Maria, attorno al santuario. Fù testimone delle due guerre mondiali che fecero scorrere tanto sangue nei campi di guerra ed ovunque. Non risparmiò nulla per soccorrere ed ospitare gli sfollati e tutti, senza distinzione di divisa o di ideologia, sapendo vedere in ciascuno l'immagine del Cristo sofferente, da accogliere, soccorrere ed amare. Con l'aiuto di parrocchiani facoltosi fece costruire il salone parrocchiale, il primo della diocesi, inaugurato nel 1925. Fù tra i primi a proiettare il cinema, appena nato, prima quello muto e poi quello sonoro. Curò l'oratorio per i giovani, offrendo loro giochi e ricreazione, intrattenendoli ed impegnandoli con burattini, marionette e teatrini. Nulla lasciò intentato perché il santuario fosse riconosciuto canonicamente parrocchia. Superò difficoltà e burocrazie. Nel 1943 ottenne il decreto di erezione a parrocchia dal Vescovo Mons. ERSILIO MENZANI, riconosciuto dal Presidente della Repubblica LUIGI EINAUDI, a tutti gli effetti civili nel 1950. Il 7 agosto 1951, in tragico incidente stradale periva, presso Brescia, dove si era recato per l'acquisto di un fucile da caccia, di cui era appassionato cultore il giovane PIETRO CAGNANI, studente universitario. Apparteneva alla benestante famiglia CAGNANI del Sordello. Accogliendo il gesto di generosità compiuto dai suoi genitori ALBERTO e AMEDEA CAGNANI, fece erigere l'asilo infantile dedicato alla BEATA VERGINE DEL PILASTRO ed intitolato a PIETRO CAGNANI, come tutt'ora si legge sulla facciata del grazioso edificio. Sognò, presso il santuario, una sede "Scuola Elementare" per i bambini della parrocchia, ma non riuscì nell'intento "Ut desint vires. tamen laudanda voluntas!". Nel suo lungo ministero promosse i pellegrinaggi ai santuari, come luoghi privilegiati di Grazia; servì i Confratelli con grande disponibilità e carità. Sapeva suonare armonium ed organo. Appena nominato Cappellano del santuario acquistò un organo a canne della Ditta "Cavalli", che poi, negli ultimi anni della sua vita, si consumò rovinato dal non uso e roso dai topi, per cui, si dovette smantellare. Visse la sua vita in povertà, in pietà e carità. Non cercò mai gli altri, ad essi preferì la mortificazione e la penitenza. La sua canonica poteva ben stare alla pari della canonica di Ars. Alla sua morte don Giulio Cella, parroco di Centora, in partenza per Ars, disse: "STIAMO PER ANDARE IN PELLEGRINAGGIO AD ARS, MA ARS È QUI!". Non possedeva forse eccezionali qualità e doti; ma ebbe sempre la qualità più importante nel sacerdote che é quella di lasciarsi guidare dallo Spirito, e seguire le vie ed i progetti di Dio. Non aveva lauree in scienze umane, ma possedeva da un lato la laurea nella "santità" e questa è sufficiente per un sacerdote! Veramente pieni di meriti acquisiti con una vita spesa nel silenzio e nella modestia, al servizio del Signore e del suo popolo, dopo aver dato tutto se stesso e le sue cose, moriva in povertà francescana ed in letizia francescana all'alba del 15 luglio 1968, benedicendo la sua gente. Al suo successore che gli era vicino da 6 mesi e gli chiedeva: "Che cosa devo dire alla nostra gente?", rispondeva: "di cambiare vita!". Ripetendo la preghiera alla Vergine Maria, nel momento del passaggio da questo doloroso pellegrinare, alla Patria: "Maria, mater gratiae, mater misericordae; Tu nos ab hoste protege et mortis hora suscipe", passò nella gloria della Casa del Padre a celebrare l'eterna Liturgia.
BARBARA SARTORI
DON GIUSEPPE VILLA
Il curato d'Ars Piacentino